domenica 19 dicembre 2010

6 (18/12/2010) - "R-esistenze" con Enrico Lobina

Ospite: Enrico Lobina (saggista e attivista, attualmente consigliere comunale)

Anita Lane - Bella Ciao

Enrico Lobina - Viet Nam - Le radici della resistenza (2009)
Japan - Voices raised in welcome, hands held in prayer
Ca - dao (brevi poesie vietnamite)
Enrico Lobina et al - Essere donna in Asia (2010)
The Redskins - Bring it down!

Giuseppe Dessì - Il disertore (1961)
Ivano Fossati - Il disertore (cover di Boris Vian - 1956, trad. Giorgio Calabrese)
CSI - Guardali negli occhi 
Beppe Fenoglio - Una questione privata (1963)
Helena Janeczek - Le rondini di Montecassino (2010)
Leonard Cohen & Noir Désir - Le chant des partisans
Wu Ming 2 - Basta uno sparo (2010), Asce di guerra (2008)
Ken Saro-Wiwa - Sozaboy
Ken Saro-Wiwa - La vera prigione
Il Teatro degli Orrori - A sangue freddo 
Marco Rovelli - Servi (2009), Lavorare uccide (2008), Lager italiani (2006)
Manu Chao, Amazigh Kateb, Tiken Jah Fakoly - Politik kills

Ascolta il podcast in streaming:

Le schede dei libri

Autore: Enrico Lobina
Titolo: “Viet Nam: le radici della resistenza. Consenso e strategia militare del Partito Comunista Indocinese nel nord Viet Nam tra il 1941 e il 1945″
Anno di pubblicazione: 2009
Casa editrice: Città del Sole


Un meticoloso lavoro di ricerca, una scrupolosa  ricostruzione condotta negli archivi e con l’ausilio di una poderosa bibliografia, una diligente attenzione interpretativa e un’acuta riflessione analitica sorretta da un meritevole approccio multidisciplinare. Al centro della sua analisi è la storia politica e la politica sociale del Viet Nam e molti e compositi sono gli interrogativi che si pone alla ricerca delle radici storiche di avvenimenti e di idee. Radici storiche che richiedono un approccio di lunga durata che non tralascia il paese tradizionale, precoloniale, così da comprendere tutta una serie di caratteristiche specifiche della civiltà vietnamita. Non limitando la storia del Paese ai tempi più recenti, E.L. dà prova di non temere di annodare il presente al passato e d’inserire i dati risultanti dall’osservazione all’interno di categorie storiche e/o culturali più ampie. In questo modo i differenti strati sovrapposti (sinizzazione, colonialismo, comunismo), pur modificati dalle recenti trasformazioni economiche e sociali, lasciano affiorare tracce antiche che continuano ad essere eloquenti”.
[Tratto dalla prefazione di Annamaria Baldussi]
Enrico Lobina è dottore di ricerca in “Storia, Istituzioni e Relazioni Internazionali dell’Asia e dell’Africa in età moderna e contemporanea”. Ha lavorato per l’Ufficio Cooperazione allo sviluppo dell’Ambasciata d’Italia



Autori: AA.VV. (Enrico Lobina et al)
Titolo: Essere donne in Asia. Diritti, potere, impresa
Anno di pubblicazione: 2010
Casa editrice: Carocci

L'Asia ha visto spesso una donna raggiungere posti di vertice come presidente della Repubblica o capo del governo. Non è detto però che queste affermazioni individuali, del resto all'interno di "dinastie" fondate da uomini (i Nehru-Gandhi, i Ban-daranaike, i Sukarno, i Bhùtto), abbiano veramente sovvertito le gerarchie in società che nell'immaginario, nei rapporti interpersonali e nella distribuzione dei compiti nel mercato del lavoro conservano inibizioni e pregiudizi. Il saggio di Maria Antonietta Confalonieri che apre il libro mostra, partendo dal caso del Giappone, i perduranti squilibri fra i generi nelle pratiche dell'assistenza sociale, per il concorso di norme e comportamenti che non possono essere aboliti se non attraverso ulteriori trasformazioni. Questo volume, a cui hanno collaborato studiose e studiosi dell'Università di Pavia e di tante altre Università italiane, spazia fra i temi dei diritti e quelli della politica, dell'economia e della cultura analizzando i vari aspetti di un processo verso l'emancipazione della donna e la piena eguaglianza nello Stato, nella comunità e nella famiglia che, sia pure nelle diverse situazioni, rivela molti elementi comuni.


Autore: Giuseppe Dessì
Titolo: Il disertore
Anno di pubblicazione: 1961
Casa editrice: Ilisso

Pubblicato nel 1961 (Milano, Feltrinelli), poi in successive edizioni da Mondadori (1974 e, per gli “Oscar” nel 1976) e poi dalla Ilisso di Nuoro nel 1997, è una delle opere più significative di Dessì, oggetto di approfonditi studi critici, e di un film di Giuliana Berlinguer (1983).
Il romanzo narra la vicenda di un giovane pastore sardo, Saverio, che durante la prima guerra mondiale, fugge dal fronte dopo aver ucciso, in un impeto di rabbia e follia, il suo capitano, e dopo un’odissea inspiegabile, torna a nascondersi tra i monti, nella capanna non lontana dal suo paese, per morire divorato dalla febbre, dopo aver confessato al prete il terribile segreto e averne ricevuto l’assoluzione.
La storia è raccontata secondo la tecnica della focalizzazione interna per cui il lettore viene a conoscenza di fatti già avvenuti attraverso i ricordi di Mariangela, mater dolorosa che esprime col suo silenzio il dramma universale della perdita dei figli in guerra, e attraverso le riflessioni morali di Don Pietro Coi, viceparroco di Cuadu. Ecco l’inizio del romanzo:
"Quando si parlò e si discusse per la prima volta del monumento, Mariangela Eca non ne ebbe nemmeno sentore. I suoi due ragazzi erano morti da più di quattro anni, ma per lei era come se quel tempo non fosse passato. Per tutti gli altri, a Cuadu, compresi coloro che avevano perduto un figlio, un nipote o il marito, la fine della guerra era già lontana: tanti e così profondi erano stati i mutamenti che anche in quella piccola città la guerra e il dopoguerra avevano portato. Mariangela no. Lei non si era accorta e non si accorgeva di ciò che avveniva nel mondo circostante, anzi le pareva che tutto fosse rimasto come quando i suoi figli si facevano uomini pascolando i loro branchi di capre nel bosco di Baddimanna e lavoravano il formaggio e la ricotta nel vecchio ovile”

Servendosi dei punti di vista di Mariangela e di Don Coi, Dessì esprime tutto il suo dissenso e la sua condanna per la guerra, che incide drammaticamente sui sentimenti della gente comune al di là di ogni giustificazione o ragionamento di carattere politico e militare.


Autore: Beppe Fenoglio
Titolo: Una questione privata
Anno di pubblicazione: 1963
Casa editrice: Einaudi

Nelle Langhe, durante la guerra partigiana, Milton (quasi una controfigura di Fenoglio stesso), è un giovane studente universitario, ex ufficiale che milita nelle formazioni autonome. Eroe solitario, durante un'azione militare rivede la villa dove aveva abitato Fulvia, una ragazza che egli aveva amato e che ancora ama. Mentre visita i luoghi del suo amore, rievocandone le vicende,viene a sapere che Fulvia si è innamorata di un suo amico, Giorgio: tormentato dalla gelosia, Milton tenta di rintracciare il rivale, scoprendo che è stato catturato dai fascisti...
«Ho fatto tanto, ho camminato tanto... Sono scappato e ho inseguito. Mi sono sentito vivo come mai e mi son visto morto. Ho riso e ho pianto. Ho ucciso un uomo, a caldo. Ne ho visti uccidere, a freddo, moltissimi. Ma io sono sempre lo stesso».
Nella Prefazione all'edizione di Il sentiero dei nidi di ragno del giugno 1964, Calvino indica Una questione privata come IL libro sulla Resistenza, il romanzo che tutti gli scrittori che avevano vissuto l'esperienza della Resistenza avevano sognato di scrivere, senza riuscirci. Dopo averlo paragonato all'Orlando furioso di Ariosto nella breve descrizione che segue:

«Una questione privata [...] è costruito con la geometrica tensione d'un romanzo di follia amorosa e cavallereschi inseguimenti come l'"Orlando furioso", e nello stesso tempo c'è la Resistenza proprio com'era, di dentro e di fuori, vera come mai era stata scritta, serbata per tanti anni limpidamente dalla memoria fedele, e con tutti i valori morali, tanto più forti quanto più impliciti, e la commozione e la furia. [...]»

Italo Calvino, prefazione a "Il sentiero dei nidi di ragno", 1964


Autore: Helena Janeczek
Titolo: Le rondini di Montecassino
Anno di pubblicazione: 2010
Casa editrice: Guanda

Montecassino, 1944. Per cinque mesi, gli alleati cercano di sfondare la Linea Gustav. Fra le unità che compongono le loro armate non ci sono solo americani e inglesi, ma anche truppe di altri continenti che il vortice della guerra mondiale ha risputato in Ciociaria: indiani, nepalesi e persino un battaglione di maori della Nuova Zelanda. Ci sono i marocchini, colpevoli di stupri di massa e per questo gli unici soldati coloniali ricordati. Ci sono i polacchi, un esercito formato da ex deportati dei gulag che combattono in terra straniera per la libertà della Polonia dai totalitarismi. Fanno parte di quella strana compagine anche un migliaio di ebrei che imbracciano le armi per il puro diritto a esistere. E ci sono i civili, con la loro sofferenza, tra due fuochi. Chi erano quegli uomini esclusi dall'immaginario della Seconda guerra mondiale? Helena Janeczek cerca di rispondere con storie semplici. Quella di John Wilkins, soldato texano caduto nel cruento e inutile tentativo di attraversare un fiume. Quella di Rapata Sullivan, nipote di un veterano del battaglione maori da poco deceduto che presenzia al posto del nonno alle celebrazioni della battaglia. Quella di Edoardo Bielinski e Anand Gupta, due amici cresciuti a Roma che a Cassino ci vanno quasi per spirito di avventura, mentre aspettano di capire cosa sarà di loro dopo il liceo. E quella di Rachida, un'immigrata marocchina, a servizio da una coppia di vecchi italiani.

Autore: Wu Ming 2
Titolo: Basta uno sparo. Storia di un partigiano italo-somalo nella resistenza italiana. Con CD Audio: Razza partigiana
Anno di pubblicazione: 2010
Casa editrice: Transeuropa

Dopo l’avventura di Pontiac, storia di una rivolta - 22 date in tutta Italia, oltre 4500 download dell’audiolibro illustrato - la stessa compagine di cantastorie torna con una nuova lettura concerto, racconto in musica, chiamatelo come preferite.
13 testi, 13 musiche originali, 13 ballate elettriche dove la lettura prende il posto del canto, per raccontare, in poco più di un’ora, la storia di Giorgio Marincola, nato in Somalia nel 1923, da padre italiano e madre somala.

Cresciuto a Roma sotto il fascismo, militante del Partito d’Azione, partigiano nel viterbese. E ancora: paracadutato dai servizi alleati nella zona di Biella, catturato dai tedeschi, internato nel Lager di Bolzano. Muore a guerra finita, in Val di Fiemme, nell’ultima strage nazista sul territorio italiano.

Chi raccoglie i cocci dell’eroe?
Chi gli rammenda i calzini?
Chi resta, mentre lui va, verso la fine che ha scelto?
Chi si nasconde dietro al suo monumento?


Il cd allegato: “RAZZA PARTIGIANA - Il reading”

Wu Ming 2 racconta (accompagnato dalle musiche di Egle Sommacal, Paul Piretto, Federico Oppi, Stefano Pilia) la storia del partigiano Giorgio Marincola in un reading musicale presentato al Marina Café Noir di Cagliari il 17 settembre 2010.

Autori: Wu Ming - Vitaliano Ravagli
Titolo: Asce di guerra
Anno di pubblicazione: 2000
Casa editrice: Tropea

Una storia che parla del passato - il dopoguerra, gli anni Cinquanta, la guerra in Estremo Oriente - e del presente.
Un'avventura costruita sull'intreccio di un'autobiografia, quella del coautore Vitaliano Ravagli, con le scoperte e le indagini condotte da un avvocato, che non è mai esistito.


Autore: Ken Saro-Wiwa
Titolo: Sozaboy
Anno di pubblicazione: 1980
Casa Editrice: Dalai

Anni Sessanta. La Nigeria orientale tenta la secessione dalla Federazione, combattendo quella che venne chiamata Guerra del Biafra.
Il giovane Mene, lavoce narrante, proviene dal villaggio di Dukana, nel delta del fiume Niger,dove vive con la madre e dove ha un lavoro come aiutante autista di autobus euna graziosa fidanzata. Quando dai disordini si passa alla guerra vera e propria, Mene si fa ingenuamente assoldare nelle file di un esercito.
Diventerà Sozaboy (soldier boy), ritrovandosi a far parte di un gioco più grande di lui, dicui gli sfuggirà completamente il senso.


La vera prigione

Non è il tetto che perde
Non sono nemmeno le zanzare che ronzano
Nella umida, misera cella.
Non è il rumore metallico della chiave
Mentre il secondino ti chiude dentro.
Non sono le meschine razioni
Insufficienti per uomo o bestia
Neanche il nulla del giorno
Che sprofonda nel vuoto della notte
Non è
Non è
Non è.
Sono le bugie che ti hanno martellato
Le orecchie per un'intera generazione
E' il poliziotto che corre all'impazzata in un raptus omicida
Mentre esegue a sangue freddo ordini sanguinari
In cambio di un misero pasto al giorno.
Il magistrato che scrive sul suo libro
La punizione, lei lo sa, è ingiusta
La decrepitezza morale
L'inettitudine mentale
Che concede alla dittatura una falsa legittimazione
La vigliaccheria travestita da obbedienza
In agguato nelle nostre anime denigrate
È la paura di calzoni inumiditi
Non osiamo eliminare la nostra urina
E' questo
E' questo
E' questo
Amico mio, è questo che trasforma il nostro mondo libero
In una cupa prigione.


Autore: Marco Rovelli
Titolo: Servi
Anno di pubblicazione: 2009
Casa editrice: Feltrinelli

L'universo dei clandestini al lavoro. Una situazione drammatica fatta di violenze e soprusi da parte di caporali e datori di lavoro italiani che fanno leva sulla ricattabilità della forza lavoro clandestina per sequestrare loro documenti, trattenere le misere paghe concordate, il tutto condito da insulti e violenze quotidiane, con la collaborazione attiva di piccoli malavitosi locali. Uno scenario che mai compare sui quotidiani nazionali e che invece rappresenta la dorsale nascosta di un'Italia truce e violenta: l'altra faccia del mito "italiani brava gente". Dalle campagne siciliane e del foggiano, fino ai cantieri edilizi e agli ortomercati del Nord, da questo libro emerge una fotografia brutale del nostro paese. Marco Rovelli si è mischiato con i clandestini, bevendo insieme a loro il tè, e comunicando, facendosi raccontare le loro storie finora inascoltate: dal loro racconto emerge anche il volto crudele del nostro capitalismo, ritornato in alcune aree e comparti a forme ottocentesche di sfruttamento.

Autore: Marco Rovelli
Titolo: Lavorare uccide
Anno di pubblicazione: 2008
Casa editrice: Rizzoli

Le morti che avvengono per incidenti sul lavoro si chiamano, in Italia, morti bianche. Bianche come il silenzio, come l'indifferenza. Come l'immediata elusione di ogni responsabilità da parte di chi impone ai lavoratori condizioni ambientali insostenibili. Si tratta di lavoratori dimenticati, di storie individuali delle quali è difficile definire il profilo. Storie bianche, vite bianche, costrette a esistere in un vuoto di diritti, facilmente rimosse dopo un breve clamore massmediale in coincidenza con l'ennesimo "incidente".


Autore: Marco Rovelli
Titolo: Lager italiani
Anno di pubblicazione: 2006
Casa editrice: Rizzoli

"Storie di uomini e donne presi a calci e pugni, in molti contro uno, storiedi vigliaccherie nostre autorizzate e commesse di nascosto, contro ogni leggeprima che contro ogni umanità. Ecco qui un fascio di racconti e di nomi chenon si fanno cancellare. Si imprimono nella fragile superficie delle pagine eda lì sprofondano in chi ha cuore di leggerle. Mai contare gli esseri umani,mai ridurli a mucchio, sommatoria: sono singole vite, uniche e strapiene diragioni per affrontare lo sbaraglio di deserti e mari, naufragi e schedature,impronte digitali e pestaggi. A che grado di sbirraglia abbiamo abbassatogiovani poliziotti e carabinieri coetanei di una gioventù d'oltremare da schiacciare, scacciare." (dalla premessa di Erri De Luca)



LibertAria è un progetto musicale di Marco Rovelli, dopo l’esaurimento della sua esperienza con Les Anarchistes, e libertAria è il nome che dà il titolo al cd, in cui il suo percorso di musicista confluisce con la sua esperienza di scrittore. E nel percorso sono implicati a vario titolo – come co-autori ovvero come incontro da cui è nata un’idea – una serie di amici scrittori:Wu Ming 2Erri De LucaFrancesco ForlaniMaurizio MaggianiRoberto Saviano. Ma ci sono partecipazioni di altrettanto straordinari musicisti come Yo Yo Mundi e Daniele Sepe.
Alcune canzoni si legano direttamente ai libri scritti da Marco Rovelli. Il campocanta di storie migranti legate a Lager italiani (BUR,) e al libro venturo, Servi(Feltrinelli). Il dio dei denari è invece legata alle morti sul lavoro, su cui verte il libro Lavorare uccide (BUR). E così Girotondo, una canzone che nasce dai tentati pogrom ai campi rom.
Altre canzoni sono legate ad altri libri: Indiana, scritta con Wu Ming 2 in margine a ManituanaLa mia parte, canto a margine de Il coraggio del pettirosso, scritta con Maurizio Maggiani; L’odore del mondo, canto a margine di Gomorra. E poi L’intimità, canzone che è il risultato di una riscrittura di un testo scritto appositamente da Erri De Luca.
Il blog di Marco Rovelli: http://marcorovelli.splinder.com/

domenica 12 dicembre 2010

5 (11/12/2010): "L'altro sguardo di genere" con Collettivo Sabot

Ospiti: Michele Ledda, Renato Troffa (Collettivo Sabot)


Velvet Underground & Nico - Femme Fatale
Ledda - Troffa - Auriemma - Pulixi: Donne a perdere (reading)
Subsonica - Albascura
Cristina Donà - Mangialuomo
James Ellroy - I miei luoghi oscuri
James Ellroy - Caccia alle donne
Diamanda Galàs & John Paul Jones - Do you take this man?
Michela Murgia - Accabadora
Anita Lane - The World's a Girl
Magda Szabo - La porta
Magda Szabo - L'altra Eszter
Soap&Skin - Thanatos
Anilda Ibrahimi - Rosso come una sposa
Bat for Lashes - Daniel


Ascolta il podcast in streaming:

Le schede dei libri


Autori: Michele Ledda, Piergiorgio Pulixi, Renato Troffa, Ciro Auriemma, Massimo Carlotto (Curatore)
Titolo: Donne a perdere
Anno di pubblicazione: 2009
Editore: E/O

Tre romanzi noir uniti da un comune progetto di scrittura diretto da Massimo Carlotto e da alcuni temi del noir mediterraneo: la schiavitù sessuale, l’usura, il riciclaggio.
La scelta di riunire in un unico volume ben tre romanzi (una vera novità per l’editoria italiana) nasce dal desiderio di rivendicare e festeggiare un percorso di formazione e scrittura collettiva avviato da Massimo Carlotto con Perdas de Fogu. Scelta facilitata anche dal tema comune: Donne a perdere...
Nel caso di Soluzioni finanziarie di Michele Ledda, una prostituta d’alto bordo alle prese con un direttore di banca dal passato oscuro, un imprenditore con problemi di liquidità e un colletto bianco legato alla criminalità organizzata. Destini che si incrociano grazie all’usura che la crisi economica trasforma in strumento di acquisizione illegale di imprese e di controllo del territorio.
In Sette giorni di maestrale di Ciro Auriemma e Renato Troffa un uomo e una donna, dalle doppie vite spese tra night e club molto particolari, risucchiati in una spirale morbosa che li porterà negli splendori festaioli di una Costa Smeralda sempre più perfetta lavatrice del denaro sporco della mafia russa.
Miriana, protagonista di Un amore sporco di Piergiorgio Pulixi, è albanese, bellissima ma è una schiava sessuale. Marcello, infermiere e cliente casuale, se ne innamora perdutamente.
Un noir che svela i meccanismi criminali che sfruttano la schiavitù sessuale di giovani donne dell’Est europeo.

Autore: James Ellroy
Titolo: I miei luoghi oscuri
Anno: 1996
Editore: Bompiani

Il libro è il culmine di una produzione i cui precedenti capitoli assumono il senso di "prove generali". Questa per Ellroy è la prova suprema, la sua vera storia e la storia della donna dalle chiome fulve, la Rossa, da cui non ha mai smesso di essere affascinato.
La pagina iniziale e la pagina finale del libro racchiudono l'intero significato, il perché Ellroy è diventato scrittore, e in particolare il perché de "I miei luoghi oscuri".
Costruire storie, eventi, persone nella mente, narrare dentro di sé, fino a produrre "il romanzo", prima solo nell'immaginazione, poi materialmente scrivendolo: questo è il filo che permette anche nei momenti più "oscuri" un aggancio alla vita, una forma di equilibrio intellettuale la cui perdita, anche solo momentanea, crea tanto panico da riportare Ellroy con sempre più energia a lasciare il degrado fisico e morale in cui si era gettato.
E poi "la Rossa". Una donna, "la donna", per lui ragazzino, per lui, giovane e poi, finalmente, per lui adulto, "la madre". L'odio e il disprezzo a lungo provato, scelto, fomentato dal padre, nei suoi confronti e l'attrazione violenta, aggressiva, sconvolgente per lei che erasesso e negazione, passione e rifiuto fino a recuperare attraverso l'attraversamento di tutti i luoghi oscuri della propria coscienza la sua figura vera, di lei donna che soffre, che cerca di vivere come può, come le è permesso, nella ottusa e violenta realtà americana.
La strada per questo itinerario psicologico viene spesso a sovrapporsi all'indagine poliziesca, anzi è proprio questa che Ellroy, dopo anni dall'omicidio, riapre, in modo minuzioso, quasi ossessivo, tenendo sempre, e per la prima volta dopo tutti quegli anni, davanti agli occhi le fotografie del cadavere della Rossa, per vederla così, nella più orribile e misera delle immagini, dopo le innumerevoli rappresentazioni mentali che di lei si era costruito.
Un cammino che porta a un ritrovamento, come nel più classico dei romanzi, interiore, se non fisico, dell'oggetto d'amore. Ma la strada per raggiungere l'oggetto d'amore è stato un viaggio nell'Inferno, l'inferno di un'America che abbandona chi non è in grado di mettersi in competizione, che propone modelli di vincenti e una realtà di sconfitti, che Ellroy guarda perennemente "dal margine", dal "sottosuolo".



Autore: James Ellroy
Titolo: Caccia alle donne
Anno: 2010
Editore: Bompiani

Una domanda, uno schiaffo, la maledizione pronunciata nei confronti della madre da un bambino di nove anni. E l'episodio taciuto ne "I miei luoghi oscuri", il libro in cui James Ellroy riapriva il caso dell'omicidio tuttora irrisolto di Geneva Hilliker. Jean la rossa, assassinata tre mesi dopo che suo figlio ne aveva invocato la morte. Episodio cruciale dal punto di vista umano ma anche letterario, vero e proprio innesco per la vocazione narrativa che già covava nei pensieri contorti del piccolo Ellroy. "Ero un Ellroy allora. Adesso sono un Hilliker." Questa trasformazione radicale, conversione a una visione matriarcale del mondo, suggella il rapporto con le donne che scandisce la vita di James Ellroy fin dall'infanzia: "fiamma inestinguibile", ricerca mistica e affannoso inseguimento, caccia famelica e insieme innocente. Volti che si affastellano, si confondono, si sovrappongono nella loro unicità. Volti scorti attraverso le finestre delle case, per le strade di una Los Angeles "caliginosa e tersa" o sui marciapiedi di Manhattan, volti evocati in solitudine, al buio. Intrecci narrativi che si sviluppano e oscillano spasmodicamente tra vita reale e pagina scritta, tra storia e Storia. Ellroy si confessa in pubblico. Non fa sconti a se stesso, stavolta non tace nulla. Mette a nudo tutte le proprie ossessioni, paure, contraddizioni, perversioni.

Autore: Michela Murgia
Titolo: Accabadora
Anno: 2009
Editore: Einaudi

Maria e Tzia Bonaria vivono come madre e figlia, ma la loro intesa ha il valore speciale delle cose che si sono scelte. La vecchia sarta ha visto Maria rubacchiare in un negozio, e siccome nessuno la guardava ha pensato di prenderla con sé, perché «le colpe, come le persone, iniziano a esistere se qualcuno se ne accorge». E adesso avrà molto da insegnare a quella bambina cocciuta e sola: come cucire le asole, come armarsi per le guerre che l'aspettano, come imparare l'umiltà di accogliere sia la vita sia la morte. D'altra parte, «non c'è nessun vivo che arrivi al suo giorno senza aver avuto padri e madri a ogni angolo di strada». Perché Maria sia finita a vivere in casa di Bonaria Urrai, è un mistero che a Soreni si fa fatica a comprendere. La vecchia e la bambina camminano per le strade del paese seguite da uno strascico di commenti malevoli, eppure è così semplice: Tzia Bonaria ha preso Maria con sé, la farà crescere e ne farà la sua erede, chiedendole in cambio la presenza e la cura per quando sarà lei ad averne bisogno. Quarta figlia femmina di madre vedova, Maria è abituata a pensarsi, lei per prima, come «l'ultima». Per questo non finiscono di sorprenderla il rispetto e le attenzioni della vecchia sarta del paese, che le ha offerto una casa e un futuro, ma soprattutto la lascia vivere e non sembra desiderare niente al posto suo. «Tutt'a un tratto era come se fosse stato sempre così, anima e fill'e anima, un modo meno colpevole di essere madre e figlia». Eppure c'è qualcosa in questa vecchia vestita di nero e nei suoi silenzi lunghi, c'è un'aura misteriosa che l'accompagna, insieme a quell'ombra di spavento che accende negli occhi di chi la incontra. Ci sono uscite notturne che Maria intercetta ma non capisce, e una sapienza quasi millenaria riguardo alle cose della vita e della morte. Quello che tutti sanno e che Maria non immagina, è che Tzia Bonaria Urrai cuce gli abiti e conforta gli animi, conosce i sortilegi e le fatture, ma quando è necessario è pronta a entrare nelle case per portare una morte pietosa. Il suo è il gesto amorevole e finale dell'accabadora, l'ultima madre. La Sardegna degli anni Cinquanta è un mondo antico sull'orlo del precipizio, ha le sue regole e i suoi divieti, una lingua atavica e taciti patti condivisi. La comunità è come un organismo, conosce le proprie esigenze per istinto e senza troppe parole sa come affrontarle. Sa come unire due solitudini, sa quali vincoli non si possono violare, sa dare una fine a chi la cerca. Michela Murgia, con una lingua scabra e poetica insieme, usa tutta la forza della letteratura per affrontare un tema così complesso senza semplificarlo. E trova le parole per interrogare il nostro mondo mentre racconta di quell'universo lontano e del suo equilibrio segreto e sostanziale, dove le domande avevano risposte chiare come le tessere di un abbecedario, l'alfabeto elementare di «quando gli oggetti e il loro nome erano misteri non ancora separati dalla violenza sottile dell'analisi logica».

Autore: Magda Szabò
Titolo: La porta
Anno: 1987
Editore: Einaudi

È un rapporto molto conflittuale, fatto di continue rotture e difficili riconciliazioni, a legare la narratrice a Emerenc Szeredàs, la donna che la aiuta nelle faccende domestiche. La padrona di casa, una scrittrice inadatta ad affrontare i problemi della vita quotidiana, fatica a capire il rigido moralismo di Emerenc, ne subisce le spesso indecifrabili decisioni, non sa cosa pensare dell'alone di mistero che ne circonda l'esistenza e soprattutto la casa, con quella porta che nessuno può varcare. In un crescendo di rivelazioni scopre che le scelte spesso bizzarre e crudeli, ma sempre assolutamente coerenti dell'anziana donna, affondano in un destino segnato dagli avvenimenti più drammatici del Novecento.

Autore: Anilda Ibrahimi
Titolo: Rosso come una sposa
Anno: 2008
Editore: Einaudi

Saba viene data in sposa, appena quindicenne, al più maturo Ymer, già vedovo di sua sorella. La giovane, malvista da suocera e cognate, dovrà imparare da sola a gestire marito e figli, specialmente dopo lo sterminio dei suoi fratelli da parte dei nazisti. Nel difficile compito, Saba ha come alleate dapprima le figlie e poi le nipoti, in un'epopea tutta al femminile che attraverserà anche la lunghissima parentesi del comunismo. La fine del comunismo è raccontata dalle sue discendenti, non senza rimpianti, perché per loro, pur tra tanti lati oscuri, la dittatura riuscì a sollevare l'Albania da uno stato di arretratezza feudale. Le vicende più vicine a noi sono raccontate da una nipote di Saba.

domenica 5 dicembre 2010

4 (04/12/2010): "Maledetti o anime fragili?" con Emilio Piano

Ospite: Emilio Piano

Piero Ciampi - Ha tutte le carte in regola per essere un artista
Paul Verlaine - I Poeti Maledetti
Paul Verlaine - Chanson d'automne (Canzone d'autunno)
Serge Gainsbourg - Je suis venu te dire que je m'en vais
Jim Carroll - Basketball Diaries (Jim entra nel campo di basket)
Jim Carroll - Gli stretti (a Carol Kane) - da: Living at the Movies (trad. Emilio Piano)
Jim Carroll - Fragment - Little Ode to N.Y.
Jim Carroll - City Drops Into the Night
Emanuel Carnevali - Il Primo Dio
Massimo Volume - Il Primo Dio
David Foster Wallace - Il Pianeta Trillafon in relazione alla Cosa Brutta (da: Questa è l'acqua)
Elliott Smith - Waltz #2 (XO)
Stig Dagerman - Il Viaggiatore
Nick Drake - Things Behind the Sun

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Le schede dei libri

Autore: Paul Verlaine
Titolo: I Poeti maledetti
Anno di pubblicazione: 1884
Edizione: Guanda

Nel 1884, quando apparve la prima edizione dei "Poeti maledetti", il mondo intellettuale e artistico francese viveva un fervore di progetti, di suggestioni e idee. Negli anni delle polemiche intorno al simbolismo e alla 'décadence' (anche questa formula fu lanciata dall'autore di "Jadis et naguère") la raccolta presentata da Verlaine esplose come una meteora, additando tendenze del gusto e influenzando profondamente le sensibilità. Per il lettore odierno, questo studio-antologia svolge innanzitutto il compito fondamentale di riportare al suo significato primigenio un emblema, quello del 'maudit', che troppo spesso è stato frettolosamente appiccicato a qualsiasi poeta, propenso a un'esistenza sregolata, a un fondato o ingenuo estremismo, abbia scritto versi francesi durante gli ultimi due secoli. Riferita a un numero ristretto di poeti nella prima edizione (Corbière, Rimbaud, Mallarmé), estesa a Marceline Desbordes-Valmore, a Villiers de l'Isle-Adam e a Verlaine stesso nella seconda (1888), la definizione indica, come sottolinea l'autore nella sua breve, intensa introduzione, un criterio di scelta esigente e raffinato: i 'poeti maledetti' sono innanzitutto poeti dell'assoluto, di un assoluto che si connota come odio del volgare, della mondanità, del consenso. L'intuizione di Verlaine, sempre personalissima, spesso vivace e affezionata, comunque lucida, si concentra su aspetti essenziali e decisivi, a volte apparentemente marginali, dell'opera di ogni poeta. Il pubblico italiano troverà motivi di grandissimo interesse in questa rassegna condotta sul filo di una prosa variegata, che dai fasti di un linguaggio letterario ed elegante sa calarsi fino ai toni stringati e familiari della chiacchierata. E in quest'opera che è una pietra miliare della letteratura francese, potrà cogliere tutto il coraggio della scelta di Verlaine, che include anche poeti cronologicamente o tematicamente lontani, il sapore di primizia e di novità con cui vengono presentate poesie come "Le bateau ivre", l'orgoglio per la scoperta di autori ancora oscuri o misconosciuti.


« Avremmo dovuto dire Poeti Assoluti per restare nella calma, ma oltre al fatto che la calma poco si addice di questi tempi, il nostro titolo ha questo, che risponde in modo adeguato al nostro odio e, ne siamo sicuri, a quello dei sopravvissuti tra gli Onnipotenti in questione, per la volgarità dei lettori elitari - una rude falange che ben ce lo rende.
Assoluti per l'immaginazione, assoluti nell'espressione, assoluti come i Rey-Netos dei migliori secoli.
Ma maledetti!
Giudicate voi! »


Chanson d'automne


Les sanglots longs
Des violons
De l'automne
Blessent mon coeur
D'une langueur
Monotone.

Tout suffocant
Et blême, quand
Sonne l'heure,
Je me souviens
Des jours anciens
Et je pleure,

Et je m'en vais
Au vent mauvais
Qui m'emporte
Deçà, delà,
Pareil à la
Feuille morte.
Canzone d'autunno

I lunghi singhiozzi
Dei violini
D'autunno
Mi feriscono il cuore
Con un languore
Monotono
Tutto affannato
E pallido, quando
Rintocca l'ora
Io mi ricordo
Dei giorni antichi
E piango
E me ne vado
Nel vento maligno
Che mi porta
Di qua di là
Simile alla
Foglia morta


Autore: Jim Carroll
Titolo: Basketball Diaries (Jim entra nel campo da basket)
Anno di pubblicazione: 1978
Edizione: Frassinelli

Jim Carroll, poeta e cantante rock newyorkese scrive questi diari dai dodici ai quindici anni, raccontando meglio di chiunque altro le angosce e la disillusione della gioventù americana dei primi anni sessanta, persa fra vita di strada ed eroina. Il cuore nero del sogno americano salda il conto con la penna di questo autore divenuto con gli anni una vera icona generazionale. Di lui Kerouac dichiarò: "a tredici anni Jim Carroll scrive meglio dell'ottantanove per cento dei romanzieri di oggi".

Su Jim Carroll (di Emilio Piano):

Poeta, scrittore, musicista, James Dennis "Jim" Carroll (1949 – 2009) è nato e vissuto a New York. Talento precoce del basket e della scrittura, dal 1964 al 1968 − grazie a una borsa di studio − frequenta l’elitaria Trinity High School a Manhattan ed è una vera e propria star del basket giovanile (gioca insieme con Kareem Abdul-Jabbar), partecipando nel 1966 al National High School All Star Game: periodo, questo, che descrive intensamente nei suoi celebratissimi The Basketball Diaries (1978), divenuti un bestseller internazionale nel 1995 dopo la trasposizione cinematografica (“Ritorno dal nulla”) con Leonardo Di Caprio.
Oltre ai suoi diari, quasi tutti i suoi scritti sono autobiografici: descrivono la vita newyorkese, gli amici, le esperienze con gli stupefacenti. Dopo una battaglia decennale con l’eroina − che lo porta a fare esperienze difficili, pesanti, dolorose ed esaltanti − trascorre un periodo in California, dove riesce a guarire dalla tossicodipendenza. Durante la permanenza nella West Coast si interessa delle possibili commistioni tra la sofisticatezza verbale della poesia con la forza viscerale e teatrale del punk-rock: dà vita così alla Jim Carroll Band, il cui primo album Catholic Boy ottiene discreta visibilità e successo di pubblico e a cui fanno seguito Dry Dreams (1982), I Write Your Name (1983), The Best of The Jim Carroll Band - A World Without Gravity (1993). Senza la “band” realizza anche l’album cantato e parlato Pools of Mercury (1998) e l’Ep Runaway (2000).
Living at the Movies (1973), che gli valse una candidatura al Pulitzer a soli 22 anni, è la sua prima raccolta organica di poesie pubblicata da una delle principali case editrici (Grossman). Altri suoi libri e collezioni di versi sono Organic Trains (1967), Four Ups and One Down (1970), The Book of Nods (1986). Fear of Dreaming (1993) Void of Course (1998). Forced Entries: The Downtown Diaries (1987) è il seguito dei Basketball Diaries. Suoi lavori e partecipazioni compaiono sulle riviste letterarie “The World, Poetry”, “The Paris Review”, “Yale Literary Magazine”, “Big Sky”, nel film Poetry in Motion (1982), nell’album di John Giorno Life Is a Killer (1982) e in numerose altre pubblicazioni. Nei due spoken-word album Praying Mantis (1991) e The Basketball Diaries (1994) Jim legge le proprie composizioni. È infine autore di un romanzo, The Petting Zoo, uscito postumo nell'autunno del 2010. 

Approfondimenti:
Sito ufficiale: Catholic Boy


GLI  STRETTI
a Carol Kane[1]

Questo è il modo in cui sei tu, sempre dedita
al silenzio. Non mi preoccupo più
per quelle foglie verdi sul mio tappeto
per la morte di un personaggio storico
per la mia voce.

Tu pensavi a una tenda rossa
dietro cui poterci nascondere. Io pensavo
alla libertà della tua ombra,
la scorsa notte, quando questo cielo plumbeo ha dischiuso
la sua volta di un migliaio di spade e l’aria
che respiravamo sembrava la nostra.

Sono lieto che tu sia capace di respirare
sono lieto che sia in grado di riconoscermi
fra le luci lungo l’autostrada.
Nel senso: non illuminiamo entrambi
la direzione che stai prendendo?
E non piangiamo entrambi nervosamente sul
pavimento bagnato in cui ti muovi.

Mi piacerebbe guardare me stesso sostenerti
sulla fredda riva di qualcosa di veramente vasto
come un mare sconfinato, un oceano.
E quando ci guardo attraverso
divento qualcun altro, seduco le acque
profonde, non permetto nessun cambiamento,
quando la sabbia muta e la notte arriva
e non siamo consapevoli di tutta questa interminabilità,
che cresce come “Al chiaro di luna” di Beethoven
scaturendo dal bagliore di mille lamenti paurosi.

Traduzione: Emilio Piano

[1] Carolyn Laurie Kane, nota come Carol Kane (n. 1952), statunitense, è un'attrice del cinema, del teatro e della tv. 


FRAMMENTO:  PICCOLA  LIRICA  A  NEW  YORK

Dormo su un tetto incatramato
         urlo le mie poesie
                            dentro lenti diluvi di stelle…
una polvere bianca si fa strada attraverso il sangue e il cuore
                                                                           e
il suono ritorna
                            puro e semplice…
questa città è dalla mia parte. 
[Traduzione: Emilio Piano]


Autore: Emanuel Carnevali
Titolo: Il primo Dio - Poesie scelte - Racconti e scritti critici
Anno di pubblicazione: 2006
Edizione: Adelphi

Nato a Firenze il 4 dicembre 1897, Emanuel Carnevali trascorre la sua giovinezza tra Biella e Cossato, con la madre, spesso malata, lontano dal padre. Quando sua madre muore va a vivere con il padre, persona dura e uomo “d’ordine”, con il quale Emanuel non ebbe mai un gran rapporto, come traspare dal suo unico romanzo, in gran parte autobiografico, Il Primo Dio. Il padre lo fa studiare in collegio, prima a Bologna e poi a Venezia, ma per Emanuel è come stare in carcere. Appena possibile decide di allontanarsi definitivamente dalla famiglia, e il modo migliore è senz’altro emigrare in America. Negli States la vita non è facile. Passa attraverso i lavori più umili, spesso lo troviamo nelle cucine di ristoranti italiani, vive in condizioni di povertà assoluta, trascinandosi per camere ammobiliate, senza soldi e senza mangiare.
Ma le sue condizioni non gli impediscono di continuare a coltivare la sua passione per la letteratura e la poesia. Quando finalmente riesce a farsi conoscere per le sue doti di poeta e scrittore, entra in contatto con alcuni dei più importanti scrittori americani dell’epoca, tra cui Ezra Pound, Williams Carlos Williams, Sherwood Anderson, Robert McAlmond, ammirati per il suo stile “selvatico”. Scrive e compone in lingua inglese portando una ventata di novità nella letteratura americana. Fu senz’altro il primo scrittore itolo-americano di un certo spessore. Nel 1922 è colpito da una grave forma di encefalite che lo costringe a far ritorno in Italia, per curarsi. Accolto dal padre, viene ricoverato in ospedale, vicino Bologna, dove trascorre gli ultimi anni della sua vita. Muore l’11 gennaio 1942.

Adelphi ha pubblicato Il Primo Dio in cui, oltre al suo unico romanzo, compaiono alcune delle sue poesie, racconti pubblicati su riviste letterarie e scritti critici.



Autore: David Foster Wallace
Titolo: Questa è l'acqua
Anno di pubblicazione: 2009
Edizione: Einaudi

I sei racconti di Questa è l'acqua, scritti tra il 1984 e il 2005, offrono uno sguardo di insieme sulla straordinaria avventura artistica di Wallace, e una summa delle sue tematiche e dei diversi stili con cui le ha affrontate ed esaltate. La depressione, vivisezionata nelle sue spietate dinamiche nel doloroso e commovente Il pianeta Trillafon in relazione alla Cosa Brutta; la ricerca di una nuova maturità ed equilibrio nel discorso tenuto davanti agli studenti del Kenyon College, che dà il titolo alla raccolta; il sentimento amoroso in tutte le sue possibili declinazioni, tra goffaggine, tenerezza, crudeltà, nelle due novelle Solomon Silverfish e Ordine e fluttuazione a Northampton; l'adolescenza come stagione della vita in cui ricerca d'identità e perversione finiscono per coesistere, in Altra matematica; le nuove complessità del mondo globale e il crollo di ogni logica binaria, nel piccolo gioiello Crollo del '69.


Autore: Stig Dagerman
Titolo: Il Viaggiatore
Anno di pubblicazione: 1950-1951
Edizione: Iperborea

"Le grandi tragedie sono già tutte accadute nel passato, quelle che restano oggi sono tutte tragedie minori".
Difficilmente mi è capitato di leggere dei racconti che narrano "tragedie minori" in maniera tanto toccante.
In questo senso forse Dagerman è anche un precursore di Carver, perché le sue "tragedie minori" sono le storie dei "nati dalla parte sbagliata", quelli le cui vite sono quasi invisibili, nei confronti dei quali il mondo è indifferente. Nei racconti di Dagerman traspare un profondo sgomento (e anche di non rassegnazione) per l'indifferenza, che diviene crudeltà, nei confronti degli innocenti. Dagerman - al contrario di Carver - predilige i bambini e gli adolescenti quali soggetti dei suoi racconti, ovvero i portatori di quell'innocenza a cui lui stesso rimane talmente ancorato da non sapersi perdonare di averla smarrita: un senso di colpa che lo porta al suicidio a soli 31 anni.
Bisogna infatti considerare che c'è molto del vissuto di Dagerman in questo libro: anche lui "nasce dalla parte sbagliata", cresce in un contesto povero, senza i genitori, ma poi la sua sorte muta: il talento gli porta il successo, la ricchezza, cose che gli cambiano la vita sconvolgendogliela.
In uno dei saggi postumi che chiudono il libro ce n'è uno spietatissimo che rappresenta la sua auto-condanna: apparentemente sembra un saggio scritto da un critico (ma è scritto da lui stesso), che accusa il Dagerman uomo e scrittore di aver smarrito la vena artistica più autentica (e quindi la purezza tanto agognata) per aver ceduto alle lusinghe corruttrici della fama, del pubblico, della critica che lo avevano esaltato dopo i suoi primi lavori.

Frammento da: "Il Viaggiatore" (postumo)


Lascio sogni immutabili e relazioni instabili. Lascio una promettente carriera che mi ha procurato disprezzo per me stesso ed unanime approvazione. Lascio una cattiva reputazione e la promessa di una vitaancora peggiore. Lascio qualche centinaia di migliaia di parole,alcune scritte con piacere, la maggior parte per noia e per soldi. Lascio una situazione economica miserabile, un' attitudine vacillante rispetto ai grandi interrogativi del nostro tempo, un dubbio usato ma di buona qualità e la speranza di una liberazione. Porterò con me nel viaggio un' inutile conoscenza del globo terrestre, una lettura superficiale dei filosofi e, terza cosa, un desiderio di annientamento ed una sperana di liberazione. Porterlò inoltre un mazzo di carte, una macchina da scrivere e un amore infelice per la gioventù europea. Porterò infine con me la visione di una lapide, relitto abbandonato nel deserto o nel fondo del mare, con questa epigrafe:

QUI RIPOSA
UNO SCRITTORE SVEDESE
CADUTO PER NIENTE
SUA COLPA FU L' INNOCENZA
DIMENTICATELO SPESSO

Approfondimenti su Stig Dagerman: